Stipendio non Pagato o in ritardo: termini, risarcimenti

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    Stipendio non pagato

    Un datore di lavoro può non pagare gli stipendi e gli straordinari? Cosa dice la legge?

    In maniera categoria diciamo che ciò non è assolutamente possibile, tale comportamento risulta chiaramente irregolare. Infatti, tutte le volte in cui un datore di lavoro omette di versare uno o più stipendi oppure gli straordinari commette un illecito. Alla base di un regolare rapporto di lavoro vi è un contratto nel quale vengono indicati tutti una serie di elementi che contraddistinguono e caratterizzano il rapporto lavorativo stesso. Vengono indicati tutti i dati sia del lavoratore che del datore di lavoro, se si tratta di un contratto a tempo determinato o indeterminato, il CCNL di riferimento richiamato, la categoria, le ore di lavoro da effettuarsi, la mansione e cosi via. A seguito della sottoscrive di tale contratto lavorativo, da un lato abbiamo il lavoratore si impegnerà a svolgere quella determinata mansione e a rispettare tutto quanto scaturisce da tale contratto, e dall’altro abbiamo il datore di lavoro si impegnerà a corrispondere puntualmente gli importi stabiliti a titolo di stipendio e a titolo di straordinari sull’eccedenza degli orari svolti. Ovviamente tutte le volte in cui non si rispetta tale contratto di lavoro da una parte o dall’atra si commette un inadempimento contrattuale, infatti, in caso di mancato pagamento di stipendi o straordinari, come anche per il mancato pagamento del trattamento di fine rapporto o dei contributi, il datore di lavoro si espone al rischio di una azione da parte del lavoratore volta al recupero di tali emolumenti.

    Cosa fare se il datore di lavoro non paga lo stipendio?

    La cosa principale da fare è contattare uno studio legale specializzato in diritto del lavoro. Infatti, solo grazie a tale intervento, sarà possibile adottare la strategia giusta volta al recupero di tali somme impagate. La strada consigliata prima di adire il tribunale ordinario (sezione lavoro e previdenza) è quella di inoltrare una comunicazione stragiudiziale ove si richiedono bonariamente tali differenze retributive. Altra soluzione che ci consente di evitare di adire direttamente il tribunale è quella di presentare una domanda all’Ispettorato del lavoro con lo scopo di promuovere un tentativo di conciliazione nei confronti del datore di lavoro. Il lavoratore deve recarsi presso la DTL competente per territorio e prospettare la cosa al delegato il quale, dopo aver reperito tutte le dovute notizie utili, provvederà a contattare il datore di lavoro e fissare un incontro in presenza di entrambe le parti per cercare di trovare una soluzione bonaria alla vicenda che eviterà il ricorso in tribunale. Qualora in tale sede non dovesse raggiungersi un accordo, la DTL invierà una comunicazione al datore di lavoro evidenziando l’importo da pagare entro un termine prestabilito, in caso contrario, il lavoratore sarà libero di intentare una causa per il recupero di tali somme. Azione maggiormente vocava al recupero di tali somme è il decreto ingiuntivo da depositare presso la sezione lavoro del tribunale ordinario competente per territorio.

    Termini Pagamento Stipendio

    Se lo stipendio è pagato in ritardo?

    Recenti orientamenti giurisprudenziali hanno stabilito che tutte le volte in cui il CCNL di categoria individui una data specifica per il pagamento dello stipendio e tutte le volte in cui tale termine non viene rispettato, il lavoratore avrà la possibilità di dimettersi per giusta causa. Quindi individuata dal CCNL di categoria la data per il pagamento dello stipendio, anche un solo giorno di ritardo darà il diritto al lavoratore di presentare le dimissioni per giusta causa. Ricordiamo che le dimissioni per giusta causa non prevedono il preavviso che di regola in altre ipotesi sono assolutamente necessarie.

    Cosa fare se non vengono pagati gli straordinari?

    Per straordinario si intendono le ore di lavoro che eccedono il normale orario previsto da contratto settimanalmente. Il D.Lgs. 66/2003 fissa come orario di lavoro settimanale 40 ore, quindi tutte le ore eccedenti tale orario sono considerate straordinario e per tale vengono quantificate in termini economici maggiormente rispetto all’orario di lavoro normale. Ovviamente la maggiorazione varia a seconda del CCNL di categoria. Spesso ci si imbatte in contratti di lavoro ove prevedono un monte orario settimanale pari a 35 ore e non alle 40 solite, in tal caso, le ore che vanno dalle 35 alle 40 settimanali sono considerate come orario supplementare e non come orario straordinario. Il datore di lavoro non può obbligare il lavoratore a lavorare oltre l’orario stabilito da contratto (ovvero a fare straordinario) a meno che non si palesi la necessità per ragioni produttive di svolgere un surplus di ore. Il lavoro straordinario, a differenza del lavoro ordinario che è indicato in busta paga e che quindi è provato per tabulas, per essere provato necessita obbligatoriamente della chiamata in causa di testimoni o qualsiasi altro mezzo istruttorio volto a provare l’ effettivo orario eccedente quello ordinario, a meno che lo straordinario non sia provato con l’ausilio di marcatempo, in tal caso è provato per tabulas.

    E se sono un lavoratore a nero?

    Il lavoro a nero si contrappone al rapporto di lavoro regolare, infatti, il lavoro a nero a differenza del lavoro regolare è privo di qualunque forma di contratto tra lavoratore e datore di lavoro. Il nostro ordinamento non prevede tale tipo di contratto infatti lo ritiene irregolare, illegittimo, giuridicamente nullo. Si ricorre al lavoro a nero in quanto il datore di lavoro non regolarizzando il rapporto approfitta della prestazione lavorativa in quanto non riconosce al lavoratore tutta quella serie di diritti propri di un contratto regolare. La paga oraria, nel contratto di lavoro a nero è nettamente inferiore rispetto a quella prevista dal CCNL di categoria (indicata nel contratto di assunzione), non vengono infatti pagati gli eventuali straordinari, non vengono versati i contributi, non viene mai pagata la 13ª mensilità, non viene mai corrisposto il TFR. Proprio in virtù di tali mancanze il datore di lavoro si trova a corrispondere al lavoratore un importo nettamente inferiore rispetto a quello previsto se lo stesso fosse stato regolarmente assunto. Ovviamente in tale rapporto di lavoro non vi è busta paga.

    Cosa rischia il datore di lavoro?

    Innanzitutto il datore di lavoro rischia una azione giudiziaria da parte del lavoratore volta al recupero di quelle differenze retributive rispetto a se lo stesso fosse stato regolarmente assunto. In altre parole rischia di essere chiamato in giudizio presso il tribunale ordinario sezione lavoro e previdenza e vedersi condannato alla corresponsione di tutti quei diritti riconosciuti al lavoratore in termini di differenze economiche (paga oraria maggiore come prevista dal CCNL di categoria, straordinario, 13ª e 14ª mensilità ove prevista, trattamento di fine rapporto, contribuzione previdenziale). Oltre a tutto ciò il datore di lavoro rischia anche, come previsto dal decreto attuativo 151/2015 Jobs Act, una maxisanzione per aver usufruito di lavoratori a nero. Tale tipo di sanzione è formata da vari scaglioni i quali prevedono sanzioni crescenti con il crescere dei giorni di lavoro nero praticati dai lavoratori. Lavoratori tenuti a nero fino a 30 giorni la sanzione va da un minimo di 1.800 euro ad un massimo di 10.800 euro, lavoratori tenuti a nero da 31 a 60 giorni la sanzione va dai 3.600 euro ai 21.600, infine per coloro che usufruiscono di lavoratori a nero oltre i 60 giorni le sanzioni possono arrivare fino ai 40.000 euro. A tali sanzioni va aggiunta una maggiorazione del 20 % se si utilizzano lavoratori stranieri irregolari o minori di 16 anni.

    Cosa posso fare invece in caso di mancato pagamento TFR?

    Il termine TFR non è altro che l’abbreviazione dell’espressione trattamento di fine rapporto, in gergo definita anche impropriamente “liquidazione". Tale TFR è un elemento della retribuzione che spetta di diritto al lavoratore qualora questo concluda la propria attività lavorativa. Il datore di lavoro, d’intento con il lavoratore, può decidere di accantonare tali somme a titolo di TFR sia presso la propria azienda sia presso l’INPS. Nella stragrande maggioranza dei casi tali somme restano in pancia presso l’azienda datrice di lavoro, e al momento che il contratto di loro cessi, il datore di lavoro e tenuto obbligatoriamente a corrisponderlo al lavoratore. Purtroppo, ed oggi sempre più spesso, la crisi mondiale che si sta vivendo porta le società alla chiusura dell' attività, e di conseguenza non saranno più in grado di elargire il trattamento di fine rapporto al lavoratore, in tal caso, interviene a tutela lo stato, il quale, ha costituito presso l’INPS il fondo di garanzia al quale tutti i lavoratori possono rivolgersi qualora non riescano a trarre, in qualunque modo, gli importi a loro spettanti a titolo di TFR. Ovviamente per poter sfruttare tale fondo di garanzia INPS occorre che la procedura esecutiva volta al recupero delle somme presso l’azienda datrice sia risultata vacante, successivamente per i datori di lavoro soggetti a fallimento, il lavoratore deve provare di aver esperito senza successo una delle procedure concorsuali previste dall’ordinamento dagli articoli 2 e 4 legge 297 del 1982, vale a dire: il fallimento; il concordato preventivo; la liquidazione coatta amministrativa; l’amministrazione straordinaria; l’amministrazione controllata, se invece il datore di lavoro non è soggetto a fallimento come detto poc’anzi il lavoratore deve provare di aver esperito infruttuosamente le procedure esecutive volte al recupero della somma.

    Posso chiedere anche un risarcimento al mio datore di lavoro? Se sì come?

    I lavoratori posso chiedere il risarcimento danni tutte quelle volte in cui vi è una responsabilità da parte del datore di lavoro sia essa contrattuale che extracontrattuale. Come puntualizzato in precedenza il datore di lavoro rischia di subire un giudizio presso il tribunale ordinario sezione lavoro e previdenza da parte del lavoratore per il recupero di quegli emolumenti cosi come riconosciuti dal nostro ordinamento. Il lavoratore infatti, con l’ausilio di un giuslavorista ricorrerà all’autorità competente per ottenere tutto quanto riconosciuto per legge.

    Quali sono i tempi e quanto mi costa agire contro un datore di lavoro in questi casi?

    Le tempistiche per vedere riconosciuti i diritti del lavoratore dopo aver adito l’autorità competente sono assolutamente incerte (mediamente molto lunghe) poiché l’attività giudiziaria varia da tribunale a tribunale e ogni giudizio è diverso da un altro. Si consiglia sempre di risolvere la vertenza stragiudizialmente in quanto i tempi sono ridottissimi, le spese sono nettamente minori e soprattuto non vi è l’alea di un giudizio sempre incerto. 

    Autore articolo Stipendio non Pagato o in ritardo: termini, risarcimenti : Sgambato Associati
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